« Ho un sogno: che un
giorno questa nazione si sollevi e viva pienamente il vero significato del suo
credo: "Riteniamo queste verità di per sé evidenti: che tutti gli uomini
sono stati creati uguali" »
(Martin Luther King, 28
agosto 1963, Washington, discorso al Lincoln Memorial durante la marcia per
lavoro e libertà)
Martin
Luther King è diventato il simbolo della lotta contro la segregazione razziale.
Vincitore
del premio Nobel per la Pace nel 1964, fu assassinato nel 1968 nel pieno della
sua battaglia per i diritti civili.
Il
suo nome viene accostato per la sua attività di pacifista a quello di Gandhi,
il leader della non violenza della
cui opera King è stato un appassionato studioso.
Nel
Sud razzista
Martin
Luther King nacque ad Atlanta, in Georgia, nel 1929. Terminati gli studi
teologici e filosofici, nel 1953 accettò l’incarico di pastore della chiesa
battista di Montgomery, in Alabama.
A
quell’epoca gli afroamericani erano vittime della segregazione razziale: era
vietato loro l’accesso a molte scuole, università, club sportivi, centri di
ricreazione. Nelle strade e nelle piazze delle città si vedevano
dappertutto cartelli con la scritta «solo per bianchi».
Infatti, sebbene la
Costituzione americana sancisse l’uguaglianza di tutti i suoi cittadini di
fronte alla legge, le cose nella realtà andavano molto diversamente,
soprattutto negli Stati del Sud: gli afroamericani non votavano, subivano
maltrattamenti da parte della polizia e condanne ingiuste da giurie popolari
razziste.
Tutto
iniziò su un autobus
Il
1° dicembre 1955 Rosa Parks era seduta su un autobus e stava tornando a casa. I
posti erano tutti occupati e quando il conducente chiese agli afroamericani di
alzarsi per fare posto ai bianchi rimasti in piedi Rosa non si alzò. Per questo
fu trascinata via dalla polizia e arrestata per violazione delle norme che
regolavano la disposizione razziale dei posti a sedere sugli autobus. Nel giro
di poche ore King mise a disposizione la sua chiesa per organizzare la
protesta: fu deciso il boicottaggio dei trasporti pubblici, una forma di lotta
pacifica, ispirata agli insegnamenti di Gandhi.
Per
oltre un anno gli abitanti afroamericani di Montgomery non salirono sugli
autobus e si recarono al lavoro arrangiandosi come potevano; King fu minacciato
e arrestato ma alla fine la battaglia fu vinta e la Corte Suprema statunitense
dichiarò illegale la segregazione sui mezzi di trasporto.
«Io
ho un sogno»
Tra la fine degli anni
Cinquanta e l’inizio degli anni Sessanta King divenne il leader indiscusso del
movimento per i diritti civili.Organizzò manifestazioni pacifiche e il
boicottaggio di quegli esercizi commerciali dove gli afroamericani venivano
trattati ingiustamente (grandi magazzini, tavole calde). Nell’estate del 1963
un corteo di oltre 200.000 persone invase il centro di Washington invocando la
legge sui diritti civili. La celeberrima "marcia
per il lavoro e la libertà" di cui oltre 80.000 partecipanti erano
bianchi e marciavano insieme agli altri cantando black and white together («neri e bianchi insieme»). King fu
l’ultimo degli oratori e il suo discorso fu accolto da applausi scroscianti: «Io ho un sogno: – egli disse – che i miei quattro figli piccoli potranno
vivere un giorno in una Nazione nella quale non saranno giudicati per il colore
della loro pelle, ma per le qualità del loro carattere».
Un
colpo di fucile
Il
1964 fu un anno importante. A febbraio, dopo un duro scontro, venne approvata
la legge sui diritti civili: erano vietate le discriminazioni per l’iscrizione
ai registri elettorali ed era sancito l’obbligo di ammettere tutti i cittadini,
senza distinzioni di razza, a qualsiasi scuola o esercizio pubblico
(ristoranti, alberghi, campi sportivi, musei). Negli Stati del Sud – Alabama e
Mississippi – gli afroamericani venivano
ancora picchiati e uccisi dai razzisti bianchi del Ku-Klux Klan,
un’organizzazione semiclandestina responsabile di numerosi atti di violenza e
uccisioni. L’uguaglianza era un obiettivo ancora lontano da raggiungere.
Il
4 aprile 1968 Martin Luther King fu assassinato a Memphis, nel Tennessee, con
un colpo di fucile mentre era affacciato al balcone di un albergo.
L’esempio di Gandhi
Ispirato
dal successo dell'attivismo non-violento
che aveva ottenuto Gandhi, King andò in India a visitare la famiglia del
Mahatma nel 1959.
Il
viaggio indiano toccò nel profondo King, accrescendo la sua conoscenza sul
concetto di resistenza nonviolenta
ed il suo impegno nella lotta per i diritti civili negli Stati Uniti.
In
un discorso radiofonico fatto durante la sua ultima sera in India, King si
espresse così: "Da quando sono in
India, sono sempre più convinto di prima che il metodo della resistenza non-violenta
è l'arma più potente a disposizione degli oppressi nella loro lotta per la
giustizia e la dignità umana. Veramente il Mahatma Gandhi ha incarnato nella
sua vita principi universali.. "
Martin
Luther King, in America, come Gandhi in India, organizzò una protesta pacifica,
senza armi, soprattutto basandosi sul dialogo, ottenendo anch'egli grandi
risultati. Le campagne di disobbedienza civile portarono lo stesso King ad
essere più volte imprigionato. King applicò i principi della nonviolenza riscuotendo grandi successi,
grazie anche ad una meticolosa e strategica preparazione dei metodi, dei luoghi
e dei momenti di protesta, in modo da potenziare la loro visibilità e il loro
impatto mediatico.
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